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Perché ENEA vuole ferocemente affossare l’unico progetto di tutela ambientale del bando Invitalia d


Ricostruiamo la storia: a maggio 2018 Invitalia lancia un bando per finanziare il rilancio dell’area industriale di crisi complessa di Savona, con l’invito a presentare proposte per progetti di investimento industriale e tutela ambientale. Obiettivo: generare nuova occupazione.

Fra tutti i progetti presentati, l’unico riguardante la tutela ambientale è quello di Pegaso Systems S.r.l., per la creazione di un nuovo centro di riciclaggio di polveri da abbattimento fumi di acciaieria in perfetta economia circolare, senza cioè la produzione di ulteriori scarti, ma valorizzando al 100% un rifiuto industriale pericoloso, che oggi finisce in discarica in Germania.

Questo grazie ad un impianto all’avanguardia a livello mondiale nel settore, spin-off di un progetto di ricerca europeo a cui l’azienda ha partecipato alcuni anni fa.

Il progetto di Pegaso si colloca al secondo posto nella graduatoria del bando, pubblicata da Invitalia a ottobre 2018 e inizia la fase di istruttoria.

A gennaio 2019 Invitalia trasmette a Pegaso una lettera in cui comunica che il progetto è stato valutato da ENEA non ammissibile e non finanziabile.

Motivi di tipo ambientale, tecnico o di sostanza del progetto? No.

Tutt’altro: non conformità con tre commi dell’art. 47 del regolamento comunitario GBER (esenzione dagli aiuti di stato). In buona sostanza ENEA ritiene l’unico progetto di tutela ambientale del bando Invitalia di Savona (ma a quanto ci è dato sapere, l’unico fin qui presentato in tutta Italia sui bandi L 181) non meritevole di accoglimento perché, a suo dire:

  • Pegaso non sarebbe in grado di dimostrare di poter trasportare le polveri all’impianto

  • l’impianto non va al di là dello stato dell’arte

  • Pegaso verosimilmente, in assenza di agevolazioni, potrebbe realizzare un profittevole impianto alternativo per il riciclo delle stesse polveri, di tipo tradizionale e meno rispettoso dell’ambiente

A nulla sono valsi gli sforzi profusi da Pegaso, supportata in questo da autorevoli esperti in materia (RINA-CSM, prof. Baldi) per rispondere puntualmente a tutte le loro obiezioni, che riteniamo infondate.

ENEA non si smuove di un millimetro, perché, come ribadisce con forza nella relazione finale in cui motiva il suo diniego, siccome la Commissione UE dice che questi commi dell’art. 47 GBER vanno interpretati caso per caso dalle autorità nazionali (in questo caso ENEA), loro hanno deciso così e basta! E così rimangono: fermamente contrari all’iniziativa, senza nemmeno darci la possibilità di interloquire.

A questo punto, ci siamo chiesti: possibile che, fra tutti i possibili ostacoli che potevamo incontrare sulla nostra strada, proprio “Ente Nazionale Energia Ambiente” dovesse rivelarsi tanto arduo? Uno si sarebbe aspettato che vedessero con favore un’operazione rispettosa per l’ambiente, all’insegna dell’economia circolare, che genera ricchezza da un rifiuto pericoloso, con una soluzione tecnologica innovativa nel panorama mondiale del settore. Invece no, sembra che la vedano come il fumo negli occhi. E la avversano con tenacia e dedizione, quasi che ideologicamente fossero contrari in assoluto alla sua realizzazione.

Ma perché tutto quest’irrigidimento? Ci piacerebbe che qualcuno di ENEA o di Invitalia si prendesse la briga di farlo. E ci fornisse qualche valido motivo, per cui hanno voluto (e ribadiamo voluto) attribuire a tre commi del regolamento comunitario GBER un’interpretazione a noi così contraria.

Finora l’unica risposta che riusciamo a darci è: perché il progetto di Pegaso non doveva passare. Il motivo ci è oscuro. Noi siamo una piccola realtà, di quelle politicamente ininfluenti, forse eravamo noi a non andare bene? Il nostro progetto era troppo ambizioso, ma non si poteva dire? Mah…! Al momento non ci resta che osservare malinconicamente sul sito di Invitalia la graduatoria ufficiale del bando aggiornata ad Aprile, in cui Pegaso è diventata “non ammessa”, e in cui altri progetti sono entrati in istruttoria al posto nostro.

C’è un aspetto molto interessante in questa vicenda: noi siamo fermamente convinti di avere ragione, perciò potremmo essere tentati di fare ricorso al TAR. Se fra un anno, o giù di lì, vincessimo il ricorso ma nel frattempo Invitalia avesse (legittimamente) allocato le risorse finanziarie del bando su altri progetti, a noi che cosa rimarrebbe? Probabilmente la soddisfazione di avere avuto ragione. Soldi per il progetto nemmeno l’ombra. E allora l’ultima domanda: in questo sistema Paese non è che gente come noi è già sconfitta in partenza?

Forse sarà il caso di guardarci altrove…

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